venerdì 10 aprile 2015

Pomi d'ottone e messaggi segreti - terza e ultima puntata

Chi sono i malviventi che hanno catturato Pete e Jupe? Che fine ha fatto l'autore del messaggio d'aiuto cifrato? Riusciranno i nostri eroi a cavarsela ancora una volta? Lo sapremo leggendo la terza e ultima parte di Pomi d'ottone e messaggi segreti, la nostra fanfiction inedita dei Tre Investigatori, scritta dal molto misterioso Arthur Robertson! 

PS: e arrivederci a prestissimo con un nuovo racconto inedito di P.A. Mirabelli!


3

I due ragazzi erano ora legati come salami, in una stanza più interna, sempre al piano terra della villa isolata di Magpie Hill. Liam Seagull era davanti a loro: stava tagliando con un coltello da caccia dei vecchi strofinacci. 
Pete era molto preoccupato. Guardò il suo compagno, e riconobbe quello sguardo assorto e severo di Jupiter: le rotelle del cervello dell’investigatore capo stavano ruotando vorticosamente.
L’uomo che Seagull aveva chiamato “Zio Adam” entrò nella stanza.
− Cosa stai facendo?
− Con questa roba voglio fare delle strisce e delle palle, con cui imbavagliare questi due.
Pete arricciò il naso. Con Jupiter ne aveva passate di cotte e di crude, ma l’idea che gli ficcassero in bocca una palla di vecchi stracci lo disgustava. Per fortuna il vecchio disse:
− Lascia stare e torna di sopra. Tanto, chi vuoi che li senta quaggiù? E poi sono sicuro che sono dei ragazzi intelligenti, e non hanno nessuna intenzione di mettersi ad urlare. Dico bene?
Jupe e Pete annuirono con convinzione.
− Ok, − rispose l’altro. − Ma cosa faremo di loro?
− Li terremo prigionieri finché non avremo finito il lavoro. Dobbiamo assolutamente farcela per domani mattina. Poi ce la fileremo, e quando saremo al sicuro telefoneremo a qualcuno per farli liberare. Ma ora spiegami come conosci questi due e come sono arrivati fin qui.
− Li ho conosciuti al negozio del rigattiere, giù a Rocky Beach.
− E che ci eri andato a fare?
Il giovane era un po’ imbarazzato. Rispose:
− Volevo recuperare la vecchia testiera del letto, quella hai dato via con tutto il resto.
− E perché? Che te ne fai?
− Se permette, signore, vorrei provare a spiegarlo io, − disse Jupiter. Intendeva approfittare della libertà di parola per dar corda alla sua famosa parlantina, in modo da non far allontanare i due criminali. Sperava di ottenere da loro la conferma ai suoi sospetti e qualche particolare in più sui loro piani criminosi. Non poteva guardare l’orologio da polso, ma pensava che ormai Bob fosse già andato in cerca di soccorsi. Era solo questione di tempo, e il comandante Reynolds, o chi per lui, sarebbe arrivato in loro soccorso. 
− Tu? E che ne sai tu? − fece Seagull. Per tutta risposta Jupiter attaccò a raccontare.
− Circa venti o venticinque anni fa, quando era solo un bambino, lei, signor Liam, viveva qui, in questa vecchia villa. Dico bene?
Liam Seagull sgranò gli occhi. Jupiter continuo:
− Si sentiva solo e anche un po’ prigioniero.
− Jupe! − intervenne Pete. − Vuoi dire che è stato proprio lui, Liam Seagull,  a scrivere il messaggio segreto? 
− Certo. Sono stato un idiota a non capirlo subito. Il foglio era vecchio, chiuso con un elastico tutto rovinato, ricordi? E il messaggio era firmato Bill, ma sia Bill che Liam sono abbreviazioni di William. 
− Ehi, un attimo, Liam! Di che diavolo stanno parlano questi due? 
Il vecchio guardava il giovane con aria interrogativa, e questi disse, come per giustificarsi:
− Beh... Ero senza genitori e non potevo mai uscire di casa. Zio Adam, tu eri un ricercato. Quando tu e i tuoi uomini eravate via mi chiudevi dentro a chiave, e anche quando eri in casa non mi lasciavi mai neanche andare in giardino!
− Liam, i tuoi erano in galera e non avevo nessuno a cui lasciarti, e io pure avevo la polizia alle calcagna, dovevamo nasconderci. Nessuno doveva sapere che la villa di tuo nonno era di nuovo occupata! Ma adesso spiegami: cos’è questa storia del messaggio segreto?
− Quando ero piccolo, un giorno, un po’ per gioco, e un po’ per protesta, ho nascosto un messaggio nella testiera del mio letto. 
− E che c’era scritto?
− Mah... Qualcosa del tipo: aiuto, sono prigioniero, venitemi a salvare, ecc... Ma c’era scritto anche l’indirizzo della villa. 
− Che diavolo!
− Era solo un gioco, l’avevo scritto usando un codice segreto di Giulio Cesare, o roba simile, di cui avevo letto nel libro di storia. E poi l’avevo infilato dentro la testiera del letto.
− La testiera del letto? Ma allora era per questo che eri così arrabbiato quando ho fatto sgombrare la villa: ho dato via anche quella? 
Liam annuì. Zio Adam sbottò:
− Roba da matti! Hai abitato qui fino a quando avevi vent’anni, possibile che non hai mai tolto quel messaggio idiota? 
− Non sono mai riuscito a sfilarlo da lì dentro! E alla fine me ne sono dimenticato. Solo quando ho visto che la vecchia testiera del letto era sparita, me ne sono ricordato.
− Loro invece ci sono riusciti, a sfilarlo da lì dentro, a quanto pare! Tant’è vero che sono arrivati fin qui! Maledizione! Forse hanno creduto che ci fosse un bambino rapito, e avranno anche avvisato la polizia!
− In realtà non ci abbiamo minimamente pensato, − mentì Jupiter. − Noi siamo appassionati di sciarade, misteri, cruciverba e cacce al tesoro. Il messaggio era cifrato: abbiamo pensato a un gioco e abbiamo seguito l’indizio. Tutto qui. Ci aspettavamo di trovare dei ragazzi come noi. 
Pete trattenne il fiato. L’abilità di Jupiter di improvvisare storie  plausibili era indubbia, ma il vecchio se la sarebbe bevuta?
− Ormai non abbiamo tempo per giocare, − disse Adam. − Grazie a voi due dovremo sbrigarci a completare il nostro lavoro e poi filarcela, prima che qualcuno venga a cercarvi qui. Ci avete messo davvero nei guai. Ma siete stati fortunati: noi non siamo assassini.
− Certo che no. Voi siete falsari. Al piano di sopra avete una macchina per produrre banconote false.
Il vecchio spalancò la bocca. Stavolta era davvero rimasto di sasso.
− E tu come diavolo fai a saperlo? − sbottò. 
− Ho sentito dire che c’è una banda di abili falsari in giro. Se ne parla anche sui giornali. E quel piccolo bidone vuoto su cui sono inciampato prima, in origine conteneva inchiostro da stampa. L’ho riconosciuto dall’odore, e dalle macchie che mi sono rimaste sulle mani e sulle ginocchia.
− Ma è soprannaturale! − ringhiò Adam. 
− No: è solo allenamento a risolvere indovinelli, − disse Jupiter.
− Liam, ho cambiato idea: imbavagliali! Questo ciccione mi ha davvero stufato, adesso: non voglio più sentirlo parlare. Poi vieni di sopra con me: abbiamo un lavoro da finire!
Adam girò sui tacchi e uscì nel corridoio, ma, prima di potersi render conto di quel che stava succedendo, si ritrovò per terra a faccia in giù, disarmato, immobilizzato e ammanettato. Il comandante Reynolds in persona era inginocchiato sulla sua schiena, e puntava un revolver attraverso il vano della porta, intimando a uno sbigottito Liam Seagull:
− Fermo! Mani in alto!
Due giovani agenti oltrepassarono la soglia: uno ammanettò Liam, l’altro si dedicò a liberare dalle corde Jupe e Pete. 
− Tutto bene, Pete? In che razza di guaio ti sei messo, stavolta, Jupiter Jones?  − chiese il capo della polizia di Rocky Beach.
− Grazie, comandante Reynolds! Sì, noi stiamo bene! 
− Bene. Bisognerà che mi raccontiate tutto. Questi due poi dovranno spiegare perché vi hanno sequestrati e legati. Benson, vai a dare un’occhiata al piano di sopra. Stai attento: potrebbero esserci dei complici.
− Non credo, − disse Jupiter. − Noi abbiamo visto solo questi due. Ma sono sicuro che al piano di sopra troverete lo stesso qualcosa di interessante!
− Non ne dubito. Qui fuori ci sono due auto della polizia. In una c’è Bob Andrews che vi sta aspettando. Andate a fargli vedere che state bene.

Sul retro della villa, Bob fu felice di riabbracciare i suoi due amici. 
− Bravo, Bob! − disse Jupiter. − Non mi aspettavo che arrivassero i nostri così presto!
− Non ho mica aspettato la mezz’ora: ho sentito gridare “Fermi o sparo”, e ho deciso di andare!
− Meno male che hai un ottimo udito! − disse Pete. 
− E grazie al comandante Reynolds, almeno non dovremo tornare in bicicletta fino a Rocky Beach! − disse Jupiter sorridendo.
I due falsari, ammanettati e trascinati dagli agenti, si avviavano verso le auto della polizia. Il comandante Reynolds era dietro di loro. 
− Non riesco a crederci! Avete trovato il covo dei falsari! − disse. − E io che pensavo di dover venire a tirarvi fuori dai guai! Invece siete stati voi ragazzi a tirar fuori me, dai guai! Ora abbiamo il macchinario e probabilmente due pezzi grossi. Il resto della banda ormai ha i giorni contati. E i Tre Investigatori non finiscono mai di stupirmi! 
− Tre investigatori? − disse Adam. − Pensavo fossero in due: il ciccione e quell’altro impiccione!
− Dannazione! Ora ricordo! − fece Liam Seagull. − Sul biglietto da visita che mi hanno dato c’è scritto Tre Investigatori. Avrei dovuto ricordarmene prima, e pensare che se ne avevamo presi solo due, il terzo era ancora a piede libero! 
− Sei un idiota! − mormorò Zio Adam mentre veniva spinto dentro l’auto. 
− Bene, ragazzi! Dovete venire in commissariato con me per la deposizione. Ma era da tempo che tutte le polizie della costa cercavano senza successo la base di questi falsari. Il sindaco di Los Angeles ha perfino stabilito un premio di 1000 dollari a chi avesse fornito notizie utili per la loro cattura. 
− Wow! 1000 dollari! − disse Bob. − Ci pensi, Jupe?
− Niente male, vero? Ehi, cosa c’è che non va, Pete?
− Non c’è niente che non va! Soltanto, mi chiedevo: il sindaco non potrebbe invece premiarci rimandando l’inizio della scuola? 

2 commenti:

  1. Bellissima la storia dei Tre Investigatori! Complimenti a Arthur Robertson ;) Mi aspetto presto un'altra avventura del trio.
    P. A. M.

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  2. Complimenti, davvero una bella storia.

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