venerdì 24 aprile 2015

L'indizio nell'orologio - seconda puntata

Quale pericolo minaccia la giovane Chantal? Lo scopriremo subito, leggendo la seconda parte del nuovo giallo inedito che ci ha gentilmente regalato P.A. Mirabelli: L'indizio nell'orologio!  Buon divertimento a tutti e arrivederci a prestissimo con la terza e ultima puntata. 






V

La prima sensazione che ebbe rinvenendo fu quello di avere un gran mal di testa. E questa volta l’aveva sul serio! Pian piano le immagini tornarono nitide e chiare e Chantal capì di essere nella sua stanza. Chi l’aveva portata lì? Tutto ciò che ricordava era quell’orribile vedova nera e la tremenda botta alla testa.
- Signorina, finalmente si è ripresa! – la salutò Nicole entrando nella stanza. – E’ rimasta priva di conoscenza per un’ora. Come si sente ora? –
- Bene, grazie. Ma come mai sono qui? – chiese.
- Jeanne l’ha trovata svenuta in giardino, così ci ha chiamato e l’abbiamo portata nella sua stanza. Ora vado a prenderle una tazza di the. – e la cameriera uscì. 
- Perché chi mi ha aggredito mi ha portato in giardino, invece di uccidermi? – si chiese Chantal. – Avrebbe potuto farlo indisturbato, senza dover ricorrere ad altri attentati.
I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di Nicole con il the.
- Grazie. – disse Chantal afferrando la tazza. 
- Signorina, sono tornati suo fratello e le signore Vicky e Livy. Possono entrare in camera? – chiese Nicole.
- Certo! – rispose la ragazza.
Dopo i rimproveri e le raccomandazioni a restare a letto di Vicky e Livy, i due fratelli rimasero soli.
- Sei soddisfatta ora, Chantal? Questa volta iil mal di testa te lo sei cercato! Se tu fossi venuta con noi, tutto questo non sarebbe successo. Ti avevo avvertito di stare attenta. Sei fortunata ad essere ancora viva! – 
- E’ proprio questo che mi sorprende, François! Non capisco perché non sono stata uccisa. L’attentatore avrebbe potuto far credere che io fossi morta accidentalmente. Invece no, mi ha colpito alla testa e mi ha portato fuori dalla cantina. Tutto è accaduto quando ho visto un terribile ragno. Ero in una stanza segreta sotto al giardino. Poi te la mostrerò. Tu riesci a capire lo strano comportamento del colpevole? -
François rimase a lungo in silenzio, poi disse: 
- ci sono due possibili risposte: o il colpevole non ha intenzione di ucciderci, e ritengo improbabile questa ipotesi, visto che gli incidenti che abbiamo subito sono mortali, oppure… - e qui fece una breve pausa per rendere più interessante il seguito. – Oppure chi ti ha colpito oggi non è il colpevole degli attentati! –

VI

Non appena Chantal si sentì meglio i due ragazzi scesero nel salone, dove li attendevano gli altri ospiti del castello. La tavola era già apparecchiata per la cena, quando Livy escamò:
- I miei guanti! Oh, spero di non averli persi! Con quello che costano! Sono di pelle di coccodrillo! –
E mentre parlava rovistava insistentemente dentro la borsetta.
- Vado a vedere se li ha lasciati in auto. – si offrì François.
Il ragazzo usci dal portone e si avvicinò all’auto parcheggiata davanti all’ingresso. Salì a bordo e trovò subito, sul sedile anteriore, i guanti di coccodrillo. Richiuse la portiera e si avviò verso l’ingresso del castello. Era già a metà strada, quando un rumore lo fece voltare: la grossa automobile grigia sfrecciava contro di lui! Appena François si riprese dallo spavento si slanciò da un lato e rotolò per qualche metro, mentre l’auto si schiantò contro il muro. Spaventati dal rumore Chantal e gli altri corsero in giardino. François fu aiutato dalla sorella e da Jeanne a rialzarsi. Il notaio si avvicinò all’auto e guardò il muso fracassato. 
- Accidenti che danno. Non so se mi converrà farla riparare. Ormai era vecchia. E tu, François, come ti senti? – 
- Mi duole la caviglia, ma non ho niente di rotto. Però è strano che l’auto mi sia venuta addosso senza motivo! – 
- Probabilmente hai spostato involontariamente il freno a mano. La strada è in discesa e così l’auto è scivolata dietro di te. Comunque sia andata, l’importante è che sia finita bene. Ora andiamo a cenare –
E il notaio entrò seguito da Vicky, Livy e le due cameriere. François e Chantal si sedettero sugli scalini dell’ingresso.
- E’ molto strano. – disse il primo.
- Cosa? – chiese la sorella.
- Il fatto che l’auto non sia venuta giù dalla discesa subito. Se è vero quello che dice il notaio, e ciò che io ho spostato involontariamente il freno a mano, appena sceso dall’auto questa avrebbe dovuto cominciare a scendere. Invece ha aspettato che io mi allontanassi prima di farlo! –
- Vuoi dire che non sei stato tu a togliere il freno? Ma allora, questo è un altro attentato! Se almeno avessimo qualche indizio… -
- Lo abbiamo! Le persone che sono venute fuori con te sono insospettabili, perché non avrebbero potuto salire sull’auto, manomettere il freno ed entrare per poi riuscire con te, tutto senza essere viste da me. Chi ha tentato di uccidermi deve aver sentito che io sarei andato all’auto, mi ha preceduto e si è nascosto all’interno. Poi, quando io sono sceso, ha tolto il freno ed è uscito, nascondendosi. –
- Si tratta quindi di una delle persone assenti – continuò Chantal. – E cioè o è stata la cuoca, o il maggiordomo, oppure il guardiano-giardiniere. –
- Potrebbe anche essere stato un estraneo. Ma a quale scopo? No, si tratta certamente di uno dei tre. Dovremo tenerli d’occhio. Ora è meglio andare a cenare.
Così François e Chantal rientrarono. La cena si svolse tranquillamente e, terminata, François prese la sorella in disparte.
- Chantal, ho un’idea! Ora ci ritiriamo nelle nostre stanze, dicendo di essere stanchi e, quando tutti saranno a letto, ispezioniamo un passaggio segreto che ho scoperto vicino al solaio quando sono rientrato questo pomeriggio. Così nessuno sospetterà dell’ispezione ed eviteremo di avere altri guai. – 
Così fecero. I due ragazzi si ritirarono nelle loro stanze e rimasero in attesa fino a quando anche il maggiordomo andò a letto. Dopo di che uscirono nel corridoio e, prese le torce elettriche, salirono in punta di piedi le scale che portavano al solaio. Arrivati in cima, si trovarono di fronte ad una porta. François tirò la maniglia verso di sé invece di piegarla. 
- E’ così che l’ho scoperto. – affermò.
Un rettangolo di parete vicino alla porta si mosse e si aprì il passaggio segreto. François e Chantal entrarono, accesero le loro torce e iniziarono l’esplorazione. Avevano percorso solo pochi metri quando un rumore alle loro spalle li immobilizzò. Qualcuno li aveva forse scoperti?

VII

François e Chantal si voltarono di scatto. Un piccolo topo, spaventato, si rifugiò nel buco dal quale era uscito. I ragazzi emisero un sospiro di sollievo. 
- Siamo un po’ tesi, eh Chan? – fece François.
- Spaventarsi per un topo! Che sciocchi! – fu la risposta della sorella.
Il piccolo tunnel era vuoto e polveroso. Le loro pile rovistarono ovunque, senza trovare nulla.
- Ho l’impressione che abbiamo fatto un buco nell’acqua. – sospirò Chantal.
- Aspetta a parlare, forse c’è un altro passaggio segreto da queste parti. E se c’è, non ci resta che trovarlo. –
Tastarono tutte le pareti, minuziosamente, finchè Chantal trovò un mattone più liscio degli altri. Cercarono di tirarlo fuori, ma fu inutile. Infine François lo spinse verso l’interno e si aprì, sul fianco, un altro passaggio. Davanti a loro sì apriva un’ampia stanza colma di merce di tutti i generi. Frugando trovarono, nascosti sotto un mucchio di vecchie statue, alcuni quadri fasciati in un telo. Erano cinque. I ragazzi tolsero il telo e videro che ognuno rappresentava un diverso personaggio mitologico. Uno rappresentava Marte, il dio della guerra, su un bellissimo cavallo bianco. Un altro rappresentava Diana, con l’arco puntato verso un cervo. Un altro rappresentava Venere, sdraiata sul fondale del mare, in mezzo ad alghe e pesci. Infine gli ultimi due rappresentavano rispettivamente Minerva con un telescopio in mano, e Giove seduto sul trono imperiale del padre degli dei. 
- Ma questi sono i quadri di un’intera collezione! – esclamò François.
- Sono bellissimi! – continuò Chantal. – E’ impossibile che li abbiano abbandonati in mezzo a queste cianfrusaglie.
- Domani chiederemo al notaio se sa a chi appartenevano. Ora è meglio tornare nelle nostre stanze. Mi è venuto un gran sonno. Oggi è stata proprio una giornata densa! –
- A chi lo dici! – rispose Chantal ripensando all’orribile ragno del pomeriggio. Rimisero i quadri al loro posto, come li avevano trovati. Quindi si affrettarono ad uscire dalle due stanze. Richiusero tutto e si recarono silenziosamente alla loro camere da letto.
Il mattino seguente furono svegliati di buon ora dalle cameriere. Ancora assonnati, scesero nel salone per fare colazione.
- Ma come mai queste facce stanche, ragazzi? Eppure ieri siete andati a letto presto! – esclamò Vicky, non appena li vide entrare.
- Andati a letto presto un corno! – pensò Chantal, nervosa per essere stata costretta ad alzarsi contro la sua volontà. – Se sapesse della nostra impresa notturna cambierebbe opinione. –
- Oggi è una splendida giornata! Il tempo giusto per fare un’altra gita. Che ne dici François, vieni anche tu? – disse Livy sorseggiando il suo cappuccino. 
- Come? Ah, no, no. Oggi non mi sento di venire. Andate voi due. Vi divertirete molto. 
E così fecero. Terminata la colazione Vicky e Livy salutarono e con il maggiordomo ripartirono sull’altra auto. 
- Ora capisco perché quelle due insistevano tanto per venire nella Loira! – disse Chantal al fratello. – Con la scusa di avere notizie della signorina Agatha stanno trascorrendo una piacevole vacanza. – 
- Per noi è meglio così, almeno potremo agire indisturbati, senza averle sempre alle costole. Ora diamoci da fare. – 
E si recarono dal notaio.


VIII

- Scusi, signor Lafayette, mia sorella ed io avremmo alcune domande da farle. Ha tempo per ascoltarci? –
Alla risposta affermativa del notaio François continuò. 
- Ieri notte Chantal ed io abbiamo esplorato un passaggio segreto che avevo scoperto. Dentro vi abbiamo trovato cinque quadri rappresentanti personaggi mitologici romani. Ora, volevamo chiederle se quei quadri fossero appartenuti al signor Aghawam. -
- Quadri mitologici hai detto? Ora che ci penso ricordo che il signor Aghawam aveva chiesto il mio aiuto per rintracciare dei quadri che gli erano stati rubati. Mi aveva anche detto che forse sapeva chi fosse il ladro, ma non volee dirmi il nome. Se i quadri sono stati nascosti in questo castello vuol dire che è stato qualcuno che abita qui a rubarli!
- Ma sono quadri di valore? – lo interruppe Chantal.
- Sì. L’intera collezione vale molto. Informerò di questo ritrovamento la polizia. Avete altro da chiedermi, ragazzi?
- Ci sarebbe utile, per le nostre indagini, vedere il testamento del defunto. E’ possibile? –
- Ecco François, io non potrei mostrare a chiunque il testamento del signor Aghawam, non è una cosa legale. – e aggiunse, vedendo i volti sconsolati dei due ragazzi: - Me per voi farò un’eccezione. –
Ed estrasse da un cassetto chiuso a chiave un foglio in una busta sigillata. I ragazzi lo lessero attentamente. Il signor Aghawam lasciava tutti i suoi averi alla nipote Agatha.  Un particolare colpì la loro attenzione.
- Perché il signor Aghawam ha sottolineato, nella frase “quando sarò morto” la parola “morto”? – chiese incuriosita Chantal al notaio.
- Non so. – rispose questi. – Non ho mai capito il perché di quel segno. – 
- Forse il signor Aghawam voleva indicare qualcosa. – intervenne François. – Qualcosa che ci avrebbe fatto scoprire il responsabile di tutto! – 
- Non so cosa dirvi, ragazzi. Capisco che vogliate ritrovare la signorina Agatha, ma è un’impresa quasi impossibile per due ragazzi. Anche la polizia ha ormai smesso le ricerche. –
- Perché hanno smesso? – domandò Chantal. 
- Era inutile continuare le ricerche dal momento che lei era l’ultima parente rimasta in vita del signor Aghawam. Non si può pensare alla vendetta di un erede non riconosciuto. Perciò, senza un movente che spiegasse il rapimento, la polizia ha concluso che Agatha sia scomparsa di sua spontanea volontà. Fra pochi giorni lascerò anche io il castello e l’eredità della signorina Agatha sarà custodita in banca in attesa del suo ritorno. -
- Questa tesi non ci piace. – concluse François. – Comunque per ora dovremo accettarla. Grazie per le informazioni. – e si allontanò, seguito dalla sorella.
Usciti in giardino François vide in lontananza il giardiniere e si diresse verso di lui, mentre Chantal si sedette su una sedia e continuò la lettura del suo libro. Il giardiniere era intento a potare delle rose. François si fermò accanto a lui per guardare con quanta destrezza effettuava l’operazione di potatura e, interessatissimo, non ne perse neanche una fase. Ma, ad un tratto, lo sguardo gli si posò sulla catenella che pendeva dal collo del giardiniere. Alle estremità portava un fermaglio che l’avrebbe dovuta collegare ad un medaglione. 
- Signor Page. – lo interruppe François. – Perché la sua catenella è senza medaglione? –
Il giardiniere si voltò e lo fissò.
- L’ho perso tempo fa. Forse è caduto fra l’erba di qualche aiuola e non l’ho più ritrovato. Ma non era molto prezioso. La catenella, invece, ha un valore affettivo. Era di mio padre. – 
Detto ciò, in silenzio, riprese il suo lavoro.

IX

Il sole stava già tramontando quando Chantal finì di leggere il suo libro. Passeggiava lungo il viale pensierosa, cercando una spiegazione per i fatti accaduti. Sì fermò quando arrivò al cancello del giardino sul retro del castello. In lontananza intravide il piccolo cimitero appartenente alla famiglia Aghawam, dove il signor William riposava insieme ai suoi avi. Un’idea le illuminò la mente. Forse aveva scoperto cosa voleva dire il signor Aghawam nel testamento! Corse, raggiante per la scoperta, verso il castello.
Raggiunse il fratello e il notaio che stavano conversando nel salone.
- François, ho capito! – proruppe Chantal. – Ho capito perché il signor Aghawam ha sottolineato la parola “morto” nel testamento! Ha voluto lasciarci una traccia. –
- Una traccia per scoprire cosa? – le chiese incuriosito il fratello.
- Forse il colpevole di tutto. Del furto dei quadri e del rapimento della nipote, se di rapimento si tratta.
- E quale sarebbe questa traccia? – fu la domanda del notaio.
- Il cimitero della famiglia Aghawam. – si affrettò a rispondere Chantal.
- Ma certo! – esplose François. – Sottolineando la parola “morto” aveva voluto dire di guardare nella sua tomba! Probabilmente lo ha fatto pochi istanti prima di morire, quando era ormai troppo tardi per dirlo a voce a qualcuno. –
Entrambi i ragazzi si voltarono verso il notaio che li guardò disarmato.
- Va bene ragazzi! Vorrà dire che questa notte faremo una passeggiata alla luce della luna. –
Solitamente una passeggiata alla luce della luna è una cosa romantica. Questa invece di romantico non aveva proprio nulla, era invece piuttosto lugubre. Infatti, terminata la cena, i ragazzi e il notaio si diressero al cimitero con la speranza di scoprire qualcosa di utile alle loro ricerche. Il cimitero della famiglia Aghawam era poco distante dal castello e per raggiungerlo non ci fu bisogno dell’auto. Dopo una mezz’oretta arrivarono al cancello arrugginito. Guardarono dentro il cimitero: una fitta nebbia avvolgeva le scarse tombe disposte lungo un viale che terminava con una chiesetta. Grossi alberi s’innalzavano, cupi, fino al cielo. I tre furono tentati di tornare indietro ma, coraggiosamente, aprirono il cancello ed entrarono. Guardandosi intorno e leggendo i nomi sulle lapidi scrostate, arrivarono quasi al termine del viale. Poco distante una lapide più bianca delle altre brillava alla luce della luna. Era quella del signor William Aghawam. Si avvicinarono e tolsero con precauzione la lastra di marmo incisa d’oro. Poi, con le pale che avevano portato con loro, scavarono fino a quando raggiunsero la bara. Faticosamente la portarono in superficie. Una civetta lanciò un grido acuto, facendo sobbalzare la povera Chantal ormai col cuore in gola.
- Speriamo che tutto ciò serva a qualcosa… - disse con voce tremante.
- L’idea è stata tua, non dirmi che non sei più convinta di trovare un indizio. E poi, i morti sono morti, cosa vuoi che ci possano fare? –
Terminata la frase le foglie stormirono sinistramente, tanto che François non era più sicuro di quanto aveva appena affermato. Usando un cacciavite e un piede di porco il notaio aprì la bara e, insieme ai ragazzi, perquisì il corpo del defunto, vestito elegantemente. 
- Dove potrebbe essere un indizio? – chiese. – Il signor Aghawam è stato cambiato d’abito poco prima del funerale, e qualunque cosa nascondesse, sarebbe stata sicuramente trovata.
- Secondo me dovremmo guardare nelle cose che il signor William aveva sempre con sé. – suggerì Chantal. 
- Chantal ha proprio ragione. – proseguì François. – Che cos’è che il signor Aghawam portava con sé sempre? –
- Beh, non saprei… - rispose il notaio. 
Seguirono alcuni istanti di silenzio. 
- L’orologio! – gridarono all’unisono i due ragazzi, vedendo una catenella d’oro uscire dal taschino del panciotto.
- L’orologio che porta nel taschino! – terminò François. – Dobbiamo aprirlo.
Con cura presero il prezioso orologio d’oro a doppio fondo e l’aprirono. All’interno conteneva un medaglione con due iniziali incise: “M” e “P”.
- Ma questo è… - iniziò a dire François, col timore di terminare la frase.
- Che cosa? – lo incitò la sorella. – Lo hai già visto? –
- No, però le iniziali… signor Lafayette, non vi fanno venire in mente nessuno? – 
Il notaio riflettè  per un istante.
- Il signor Maximilian Page! – dichiarò sbalordito.
- Proprio lui. – confermò il ragazzo. – Proprio oggi mi ha detto di aver perso il medaglione tempo fa, nell’erba. Ma allora…. E’ lui il colpevole di tutto! – 



Nessun commento:

Posta un commento